Carola ha 17 anni e frequenta la 4° liceo. Ha sempre avuto un tallone di Achille, si tratta della lingua inglese.
Passa le ore a mordicchiarsi le unghie e a ripassare la materia, ma quando l’insengnante entra in classe Carola è già nel panico: inizia a immaginarsi di essere chiamata alla lavagna e di entrare nel pallone.
Chiedo a Carola di associare l’emozione che prova con una situazione vissuta nel passato, si ritrova alle elementari dove la sua insegnante di matematica l’aveva mortificata con grandi risate dei compagni per un’operazione che aveva sbagliato. Dopo averle detto che doveva svegliarsi e che era imbranata, per gli anni successivi saltava sempre il suo nome e non la faceva mai andare alla lavagna, lei viveva questo atteggiamento della maestra come una grande umiliazione.
Dopo aver applicato Logosintesi il ricordo si trasforma, Carola immagina di fregarsene dei compagni e che la maestra sia lì per aiutarla. Immagina di riuscire a risolvere l’esercizio con facilità.
Lavoriamo ancora sullo sguardo della maestra quando la mamma viene a prenderla a scuola, è uno sguardo severo e giudicante. Lavorando con Logosintesi lo sguardo nella sua memoria si trasforma in uno sguardo comprensivo.
Le faccio immaginare di essere interrogata di inglese e dice che si sente tranquilla e sicura, si vede piena li luce e di forza.
Torna la settimana successiva e di racconta che l’insegnante d’inglese non si capacitava del suo miglioramento. Nel primo quadrimestre aveva 4 in pagella e l’ultima interrogazione ha preso un 8 e si è sentita tranquilla.

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