Il malessere dei nostri bambini ci fa immediatamente preoccupare, ci manda in crisi, e spesso crea in noi genitori una sensazione di fallimento, di inadeguatezza o di insicurezza profonda. E’ difficile stare accanto ad un bambino che mostra un malessere psicologico, o ascoltare un suggerimento da parte di una figura educativa che ci evidenzia un comportamento disfunzionale di nostro figlio. Profonde paure si insinuano nella nostra psiche, con il timore che possa non essere “normale”, che il suo disagio sia irreversibile o che possa generargli difficoltà nello sviluppo.

Affrontare tutte le fasi della crescita dei bambini implica una grande flessibilità da parte degli adulti e dell’ambiente che li circonda, una capacità di adattarsi da un lato alle continue modificazioni dei loro bisogni, dall’altro al carattere e al temperamento del bambino, che non sempre facilita il compito delle guide accanto a lui verso la sua migliore evoluzione.

Ogni diversa fase dello sviluppo potrebbe essere più o meno complicata. Gestire le tappe della crescita e della separazione dalle figure importanti per i piccoli, non ha regole così precise e definite, ogni bambino ha un suo modo di approcciarsi all’avanzare del suo sviluppo, ha i suoi ritmi, che spesso non corrispondono a quelli che i “manuali” ci spingono a considerare “normali”. Il fatto che non ci sia corrispondenza tra le tappe del bambino e quelle ipotizzate dagli specialisti, non significa che si stia presentando una difformità disfunzionale, al contrario potrebbe semplicemente trattarsi di una lentezza che fa parte della sua personale “andatura” nella crescita. Ciò tuttavia non è per tutti e in tutti i casi.

Nessun genitore ha delle risposte certe, la capacità di essere genitori si impara con l’esperienza, per prove ed errori, per imitazione, per sensibilità, per logica e intuizione.

Può accadere che il disagio si manifesti in un’età più avanzata, quando le difficoltà nella crescita a livello sia psicologico che corporeo, mettono il ragazzo a confronto con cambiamenti che spesso generano ansie e timori su tanti piani e a tanti livelli. Il confronto con i pari, il pensiero di dover corrispondere a canoni che sono sempre lontani rispetto all’immagine che l’adolescente vede riflessa nello specchio, le prime delusioni sentimentali, gli impegni sociali e intellettivi che aumentano in criticità e richieste, ogni diversa sfumatura può tenere in pugno il giovane, che comincia come un “tarlo” a deteriorare le certezze che poteva avere nel periodo antecedente. Ogni ambito può mettere in gioco una sfida, il timore di affrontarla, o la sensazione di smarrimento nell’esperienza di non riuscire a tenere il passo con l’incremento delle difficoltà, o con il desiderio di rimanere nella sfera protetta dell’infanzia.

Ogni genitore osserva spesso queste turbolenze nei figli adolescenti, e tra l’altro, non è così comune che i figli permettano ai genitori di accompagnarli nelle loro difficoltà, anzi, più frequentemente capita il contrario.

Il figlio che cresce tende, giustamente, ad allontanare il genitore come uno scomodo intruso nella propria vita! E’ una naturale metamorfosi che i ragazzi devono affrontare, accettare e superare, ma il genitore si sente escluso e non più amato. E’ una fase difficile che mette tutti a dura prova. Il rapporto si ricompatterà se la fase viene ben elaborata, l’amore genitoriale non decade, ma cambia soltanto modalità e il genitore deve imparare a fare i giusti passi indietro, a fidarsi del figlio, a monitorare il percorso mantenendo la sorveglianza, ma lasciando una maggiore libertà di movimento e di sperimentazione.

Questo atteggiamento potrebbe creare un senso di impotenza, di incertezza, una sofferenza che non possiamo gestire con le nostre esperienze acquisite, che vengono ricacciate al “mittente” come indesiderate, anacronistiche e rifiutate.

Non sempre, se il corso degli eventi sta sfuggendo di mano, il primo pensiero che si presenta è l’ipotesi di rivolgerci ad un esperto, perchè cerchiamo consigli, tentiamo soluzioni, passiamo le notti insonni a tormentarci su che via intraprendere.

La mia esperienza per quanto riguarda i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti è di una immensa opportunità di vedere la vita dei piccoli o giovani pazienti cominciare a riprendere normalmente il proprio corso. E’ meraviglioso poterli vedere rifiorire, ritrovare la loro sicurezza, affrontare le piccole o grandi sfide con rinnovata tranquillità, gioia e determinazione. Il ritorno in “carreggiata” è spesso evidente e con tempi contenuti, ciò li porta a prendere le loro decisioni con maggiore conoscenza delle proprie potenzialità e risorse. Tornano a riuscire a capire la direzione in cui desiderano procedere, per poi intraprenderla con energia e volontà differenti. Si possono ritrovare ad approcciarsi agli altri con acquisita sicurezza e consapevolezza e maggior conoscenza delle loro qualità.

Noi genitori possiamo fare del nostro meglio, con amore e dedizione, con il desiderio di offrire ai nostri figli tutto ciò che pensiamo sia loro utile, che in certi casi ci è mancato, ma tutto ciò non rende automaticamente i nostri figli sicuri e intraprendenti. Ognuno deve trovare la propria strada, imparando ad affrontare in prima persona le difficiltà e apprendendo dagli errori.

Per quanto le nostre intenzioni genitoriali siamo le migliori che riteniamo utili per loro, comunque le situazioni della vita, i diversi temperamenti, le normali rigidità in ogni persona umana, generano effetti che possono creare problemi ai figli. La vita stessa ci mette continuamente alla prova, e tali esperienze ci permettono di conoscerci meglio e di sviluppare le nostre capacità. Ma non sempre il bambino o il giovane ha la forza di superare le intemperie che la vita pone di fronte.

Ogni età può essere un buon momento per mettersi in discussione e riprendere le redini della vita, ma da bambini, adolescenti o giovani, rimettere in sesto la propria centratura e le proprie certezze, può davvero essere determinante per l’impronta di vita che è possibile dare o non dare, percorrere o rinunciare, agire o bloccare, procedere o regredire, affrontare o rinunciare.

Ho visto così tanti bambini e ragazzi modificare le proprie convinzioni e riprendere il cammino con gioia, che ritengo sia davvero una grandissima opportunità che possiamo concedere alle nuove generazioni, per creare per loro un futuro di realizzazione personale e collettiva. Una persona esperta che ci guida può riorientarci, per cominciare la vita nella direzione giusta per noi, con il nostro ritmo, con la consapevolezza di percorrere la strada per cui siamo “atterrati su questo pianeta” ed iniziare quanto prima ad esplorarla.

Ognuno di noi ha nella propria anima una “missione” di vita, che Hillman definisce la nostra “ghianda”, che contiene già la nostra impronta di adulti realizzati e potenti. Prima comprendiamo la mappa della nostra “ghianda” e prima riusciamo a manifestarci in tutta la nostra bellezza.